Nel 1950, data che, dividendo a metà il secolo, fa da spartiacque tra due Italie molto diverse, moriva suicida Cesare Pavese. A quasi 60 anni dalla morte, lo scrittore piemontese ha acquistato ormai da tempo la statura di un classico del Novecento letterario italiano.
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Le generazioni fino al 1968 ne fecero un mito, per le implicazioni esistenziali che la sua vita e la sua morte offrivano generosamente. Il "pavesismo", identificazione quasi maniacale con il personaggio-Pavese, prese piede, e innumerevoli spuntarono gli epigoni che, come lui, scrivevano e si atteggiavano. Nelle generazioni più vicine a noi questo fenomeno si andò un poco attenuando, e qualcuno disse che il suo mito era definitivamente tramontato. Invece, soprattutto in occasione del centenario della nascita (2008), si è visto un ritorno massiccio al "mito" Pavese, in Italia e all'estero, con nuovi saggi, convegni, mostre, film e le inevitabili polemiche tra critici di diversa estrazione: tutti segni della vitalità di uno scrittore. Ma, al di là dell'opinione degli addetti ai lavori, Pavese si conferma ancora, sei decenni dopo, autore di grande impatto anche popolare, che fa di nuovo "innamorare" i giovani e un vasto pubblico di lettori comuni, non professionali. Intanto, negli anni in cui il mito si ridimensionava, si andava affermando e consolidando una tendenza critica che, oltre i fatti privati della vita, indagava, con approcci di diversa natura, il valore del testo attraverso il quale uno scrittore esprime i suoi problemi e quelli della sua epoca, e dove, in definitiva, si misura la sua capacità di durare, di resistere al vento mutevole dei tempi. Nella vastissima bibliografia critica su Pavese, che di anno in anno si va arricchendo di nuovi contributi, mancava finora una biografia attraverso le immagini: della vita e dei luoghi, delle carte e dei libri. Si tenta di colmare il vuoto con questa nuova edizione di un volume che, insieme a documenti ormai notissimi, ne presenta altri meno conosciuti, dimenticati o inediti. Ne viene fuori la storia di un "uomo-libro", come egli stesso si definì, vissuto per la letteratura, in cui "mestiere di vivere" e "mestiere di scrivere" corrispondono sempre. Vita e scrittura sono i due termini di un binomio che questo lavoro vuole ripercorrere e illuminare. L'intento è di offrire qualche strumento in più per la comprensione di un'opera letteraria che, allontanandosi via via quel fatidico agosto 1950, viene acquistando nella sua parte migliore e meno datata nuovo fascino e motivi di interesse ormai depurati dalle molte scorie che la storia di allora e di dopo vi aveva depositato sopra.
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