«Tutto il suo pensare era rivolto a ciò che i giapponesi chiamano iki» scriveva Heidegger di Kuki Shuzo, aggiungendo: «Ciò che questa parola dice ho potuto solo presagirlo da lontano nelle mie conversazioni con lui». Forse perché non poté leggere il trattato di Kuki sull'iki qui tradotto.
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Che cos'è dunque l'iki? Nel Giappone del periodo Bunka-Bunsei (1804-1830) questa parola veniva usata per definire l'ineffabile fascino della geisha, il suo stile sprezzante ma accattivante, ammiccante ma riluttante, improntato a sensualità e rigore, inflessibilità ed eleganza. Kuki circumnaviga ogni accezione dell'iki, filtrando la parola con uno sguardo che ne individua i tratti distintivi nella seduzione, nell'energia spirituale e nella rinuncia; la colloca in un sistema estetico rigoroso; ne scopre le tracce nell'acconciatura, nell'incedere, nei gesti e nelle posture della geisha; nei motivi decorativi a righe verticali, nel colore marrone, nell'architettura della casa da tè, nella musica per shamisen. Capire l'iki è come percepire la fragranza di un'intera civiltà.